L’associazione in partecipazione è una tipologia di contratto consensuale a titolo oneroso, disciplinato dal Codice Civile Italiano, articoli 2549 e seguenti.
L’associazione in partecipazione è un contratto con il quale una parte (l’associante) attribuisce ad un’altra (l’associato) il diritto ad una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, dietro il corrispettivo di un apporto da parte dell’associato. Tale apporto può assumere diverse forme: apporto di lavoro, apporto di capitale (beni o denaro), apporto misto lavoro-capitale. Quindi l’associato da’ il suo contributo, esempio presta la sua attività lavorativa, e in cambio l’associante concede una partecipazione agli utili della propria impresa.
Nel contratto di associazione in partecipazione, l’associato, che può essere una persona o un’impresa, è colui che offre un determinato apporto di lavoro, capitale o entrambi, e in cambio acquisisce il diritto di partecipare agli utili conseguiti dall’impresa o dal compimento di uno specifico affare. L’associato "partecipa" all’impresa ma la gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante; eventualmente nel contratto di associazione in partecipazione si può precisare solo che l’associato possa svolgere una forma di controllo sull’impresa. L’associato ha il diritto di partecipare agli utili d’impresa e nello stesso tempo al rischio della gestione dell’impresa: questo avviene nel caso in cui il risultato della gestione dell’attività o dei singoli affari risulti in perdita. Tuttavia, l’art. 2553 c.c. stabilisce che "salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo apporto". Vuol dire che se l’impresa produce degli utili, l’associato ha diritto a parteciparvi, se l’impresa va in perdita, l’associato nonostante abbia prestato il proprio lavoro, non conseguirà alcun guadagno. Il codice civile prevede che i contraenti (associato e associante) possono eventualmente stabilire nel contratto di associazione in partecipazione che l’associato sia completamente escluso dalla partecipazione alle perdite. Il compenso mensile o trimestrale percepito dall’associato deve essere considerato come un acconto in attesa della determinazione complessiva dell’utile che verrà effettuata a fine anno.
Nel contratto di associazione in partecipazione, l’associante è colui che, in cambio di un apporto dell’associato, divide parte degli utili della propria impresa o quelli derivanti da un singolo affare. L’associante mantiene la titolarità esclusiva dell’impresa e rimane l’unico soggetto che acquisisce e risponde delle obbligazioni assunte dall’impresa. Secondo l’art. 2552 l’associante è obbligato a dirigere l’attività dell’impresa secondo buona fede; adempiere ai propri doveri con diligenza; non assumere iniziative tali da mutare il rischio valutato dall’associato all’atto della stipula del contratto; non attribuire altre partecipazioni senza il consenso dell’associato; dare inizio all’impresa, se questa non esiste, investendo l’apporto dell’associato.
Essendo l’associante l’unico titolare delle obbligazioni assunte dall’impresa, il contratto di associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante. Viceversa, il fallimento dell’associato (nel caso si tratti di un’impresa) non comporta automaticamente lo scioglimento del contratto di associazione.
Il contratto di associazione in partecipazione si differenzia in modo sostanziale dal rapporto di lavoro subordinato in quanto: l’associato in partecipazione, pur prestando il proprio lavoro, non è un lavoratore subordinato, perché non si inserisce in un’azienda altrui per finalità a lui estranee; non è obbligato a prestare una collaborazione; non è subordinato a un datore di lavoro, ma solo alle direttive dell’associante; non ha infine diritto a una retribuzione o, comunque, a un minimo garantito di guadagno e, se pur non partecipa alle perdite, partecipa tuttavia al rischio dell’impresa potendo non conseguire alcun guadagno.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali (imposte dirette), con il contratto di associazione in partecipazione l’associante concorre alla determinazione del reddito d’impresa nei modi ordinari, in rapporto alla natura giuridica dell’associante stesso.
Per l’associato invece è necessario distinguere la natura dell’apporto e la configurazione giuridica dell’associato stesso: se l’associato è un’azienda, i compensi percepiti sono sempre considerati parte del reddito d’impresa; se l’associato è una persona fisica, i compensi percepiti sono considerati reddito da lavoro autonomo, nel caso in cui l’apporto sia costituito da prestazione di lavoro, o redditi di capitale nel caso di apporto di beni o misto beni-lavoro.
Dal punto di vista delle imposte indirette, se l’associato è un’azienda i compensi percepiti sono sempre assoggettati ad IVA tranne nel caso in cui l’apporto iniziale sia stato in denaro. Se l’associato è una persona fisica che apporta esclusivamente il proprio lavoro (e non svolge altra attività di lavoro autonomo) oppure denaro, altri beni o misto, i compensi percepiti non sono soggetti ad IVA. Questo significa che l’associato se non svolge già altre attività di lavoro autonomo non deve aprire la partita IVA.
Con il contratto di associazione in partecipazione la tutela assicurativa e previdenziale dell’associato è prevista unicamente nel caso di apporto esclusivo di lavoro. L’associato (se persona fisica che presta solo il proprio lavoro) avrà l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps e pagherà sui compensi i contributi nella seguente misura: per i soggetti che non hanno altra tutela previdenziale obbligatoria nel 2010 l’aliquota è pari al 26,72, per gli altri soggetti è pari al 17% . Il contributo deve essere versato dall’associante ed è ripartito tra le parti nella misura del 55% a carico dell’associante e del 45% dell’associato. Il soggetto tenuto alla contribuzione assicurativa e l’associante.
Normativa di riferimento:
Codice Civile: Articoli da 2549 a 2554
D.Lgs 276/2003 (c.d. legge Biagi): art. 86
Decreto Legge 269/2003 convertito nella Legge 326/2003
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