Tra le numerose imposte che sono state introdotte dal Governo tecnico di Mario Monti si ricorda quella prevista al comma 18 dell’articolo 19 del D.L. n. 201/11 convertito in Legge 22 dicembre 2011, n. 214, la c.d. manovra Salva Italia.
La norma in questione prevede che sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato e non rimpatriate viene applicata un’imposta anche denominata Ivafe, acronimo per imposta sul valore delle attività finanziarie estere.
Le misure di tale imposta sono diverse, variando dallo 0,1% per il 2011 e 2012 e lo 0,15% dal 2013. Un’imposta questa che è dovuta in misura proporzionale sulla quota e sul periodo di detenzione.
La misura dell’imposta è rapportata al valore delle attività finanziarie, che è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ogni anno solare nel luogo in cui sono detenute le attività finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.
La caratteristica principale di queste attività è che devono essere detenute all’estero. Così, ad esempio, occorre che la persona fisica custodisca o depositi l’attività finanziaria presso un intermediario non residente o mediante intestazione a fiduciaria non residente o in una cassaforte nella propria abitazione.
Vengono escluse dal raggio di applicazione dell’imposta in questione le attività finanziarie affidate in custodia e amministrazione, o quelle affidate in amministrazione finanziaria a intermediari che siano residenti nel nostro Paese, indipendentemente dal luogo in cui questi le hanno depositate.
Non sono soggette all’imposta in oggetto neanche le attività che sono state scudate con il rimpatrio giuridico, poiché queste, trasferite materialmente in Italia, sono state poi oggetto di deposito, custodia, amministrazione o gestione presso un intermediario residente.
Diverso è il discorso invece per le attività finanziarie scudate con la regolarizzazione all’estero, perché come tali queste si considerano ancora detenute oltreconfine.
Per i conti correnti e libretti di risparmio detenuti in Paesi europei o rientranti nello Spazio economico europeo invece, il recente decreto semplificazioni tributarie, il D.L. n. 16/12 prevede che su di essi si applichi un’imposta di bollo in misura fissa, quei 34,20 euro annui richiesti per le persone fisiche titolari di c/c, libretti postali, rendiconti e a cui arrivano le comunicazioni relative a tutti i prodotti e strumenti finanziari, come sancisce l’articolo 19 della manovra Salva Italia. Sia all’estero che in Italia, i conti correnti detenuti da persone fisiche sono soggetti allora al bollo annuo di 34,20 euro.
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