Con il termine Carry Trade vengono indicate quelle operazioni in ambito valutario che sfruttano le differenze tra i vari tassi di interesse prendendo a prestito del denaro nei mercati in cui costa meno – e dunque i tassi sono più bassi – e impiegandolo laddove tassi più elevati consentono rendimenti cospicui. La restituzione delle risorse a debito con un più basso tasso di interesse consente di lucrare sulle differenze fra i vari mercati del mondo. L’utilizzo della leva finanziaria permette di moltiplicare i rendimenti delle operazioni, ma incrementa anche i rischi corsi dai trader. Per questo motivo, in campo valutario, spesso vengono scelte divise solide che consentono di evitare una eccessiva volatilità. Per evitare i rischi particolari di asset poco liquidi o dotati di un profilo di rischio diverso da quello del sistema paese di riferimento, i carry trader tendono a operare principalmente (ma non esclusivamente) in titoli del debito pubblico.
Il carry trade è un meccanismo fondamentale per la comprensione delle dinamiche che guidano i flussi finanziari globali. Strettamente influenzato dai dati macroeconomici dei vari paesi e dalle variazioni dei tassi di interesse regolati dalle banche centrali, il carry trade restituisce spesso un’immagine accurata delle percezioni dei mercati e dei meccanismi di riassestamento che li regolano.
Qualche esempio sicuramente può chiarire lo stretto legame tra l’attualità e i meccanismi del carry trade. Gli Stati Uniti hanno attualmente un tasso di interesse dello 0,25%, mentre il Sudafrica ha tassi di interesse del 5,5 per cento. Questa differenza nel costo del denaro può essere utilizzata indebitandosi in dollari (con un costo dello 0,25% del capitale) e investendo in rand (la valuta sudafricana che paga tassi di interesse del 5,5%). Ottenuto un interesse del 5,5% si potranno ripagare i debiti contratti in dollari e guadagnare di conseguenza. L’effetto leva permette di moltiplicare i rendimenti (e i rischi) movimentando sul mercato dei multipli del proprio capitale.
Un taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale del Sudafrica può, però, mettere a rischio questa strategia: in questo caso l’aumento dei prezzi dei bond in circolazione aumenta i rendimenti avvantaggiando i carry trader che li hanno in portafoglio, ma i rendimenti meno elevati dei bond di nuova emissione riduce i margini per chi voglia applicare con i nuovi titoli di debito del Sudafrica la medesima strategia. Per questo motivo i trader cercano i cambi più stabili, le divise più affidabili e fanno un uso frequente degli stop loss.
I mercati delle valute registrano scambi per quasi 4 mila miliardi di dollari al giorno e le opportunità non mancano. Alcuni osservatori hanno notato che il carry trade fra dollaro e peso messicano ha reso notevolmente nel 2011: attualmente il Messico ha tassi di interesse al 4,5% contro lo 0,25% degli Stati Uniti. I bond decennali di Città del Messico hanno un rendimento annuo del 6,33% mentre il corrispondente titolo USA paga una cedola dell’1,99%. Questa differenza può facilmente incoraggiare il carry trade.
Ancora più interessante è il caso del real brasiliano: il tasso di interesse della banca centrale è del 10,5%. Di recente, però, il real si è rapidamente apprezzato sul dollaro: dalla fine del dicembre 2011 alla metà del febbraio 2012 il cambio USD/BRL è passato da 1,88 a 1,72. Questo ha spinto la banca centrale del Brasile a comprare dollari e vendere real per evitare che un rapido apprezzamento della valuta nazionale pesasse sulle esportazioni del Paese. Ancora una volta i rapporti valutari si sono dunque inseriti di prepotenza nelle politiche nazionali e in questo caso le manovre dei carry trader hanno incoraggiato un riposizionamento dei mercati su rapporti di maggiore equilibrio.
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