Dal 15% al 2/3% nell’export. E’ questo il dato emblematico e sintomatico dell’economia italiana. A riportarlo è Renzo Cimberio, presidente di un’impresa di valvole rinomata, che sviluppa i suoi ricavi soprattutto all'estero.
Oltre alla domanda interna, che continua a latitare, le imprese italiane vengono tradite anche dall'export.
Gli ordini cedono il 4,8%, con un crollo quasi doppio sul mercato interno e un magro +0,3% all'estero.
Il 2011, secondo le stime della Federazione della meccanica varia, si chiuderà con uno sviluppo limitato al 2,4%; nel 2012 invece crescita zero. «Il settore limita i danni – dice il presidente di Anima, Sandro Bonomi – ma vedo grande incertezza. Il 2011 è positivo solo grazie all'export, che crescerà del 2,7% nel 2012, ma anche qui la frenata è visibile: l'Europa non è al massimo e la Spagna in particolare è crollata».
E tuttavia, davanti alla perdurante debolezza del business nazionale, puntare sui mercati esteri diventa quanto mai fondamentale.
Il mercato degli Stati Uniti è molto appetibile, come conferma Carlo Zucchetti, a capo di uno dei gruppi leader nella rubinetteria.
Naturalmente ciò comporta molti rischi. Per fare fatturato le aziende sono costrette ad andare ovunque.
«Sarò forse controcorrente - continua Zucchetti - ma ci stiamo dimenticando completamente il mercato interno.
Non scordiamo che l'Italia è il primo sbocco d'esportazione per Germania e Francia,
siamo un mercato esageratamente aperto e il sistema sta arricchendo soprattutto i nostri competitor esteri».
Gli imprenditori si aspettano inoltre una mano dal nuovo governo italiano, soprattutto dal punto di vista burocratico, che opprime le aziende in un momento già molto complicato.
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