Statisticamente le economie attraversano più periodi di crescita che di recessione, quindi le azioni rappresentano un buon mezzo per superare gli effetti dell’inflazione. Per esempio, 10.000 € lasciate sotto il materasso, ipotizzando un aumento annuo del 2,5% nel costo dei prodotti e servizi a causa dell’inflazione, dopo un anno varrebbero 9.750 € . Dopo cinque anni tale valore sarebbe sceso fino a 8.810 €.
Tuttavia il possesso azionario non è privo di rischi. Può darsi che quindi l’inflazione rosicchi i risparmi nel lungo termine, ma in caso di un crollo delle quotazioni azionarie, si corre il rischio di perdere gran parte del capitale investito. In caso di fallimento dell’impresa partecipata, le azioni possedute potrebbero diventare prive di valore.
Si può anche perdere denaro senza che le imprese falliscano. Altri investitori potrebbero semplicemente decidere che la società non vale quanto inizialmente pagato, forse a seguito di una diminuzione nella relativa quota di mercato, e laddove il numero di quelli che la pensano così sia sufficiente, si assisterà ad una perdita di valore della partecipazione detenuta. Le azioni tendono a svalutarsi altresì in caso di andamento negativo dell’economia, poiché gli investitori ravvisano un potenziale calo dei profitti.
Vale però la pena di notare che, a parte le società che falliscono, le imprese che hanno subito un calo si possono riprendere nel tempo. In alcuni casi, laddove un’azione sia calata, può essere utile conservarla in attesa del recupero, mentre altre volte può essere meglio ‘tagliare le perdite’ ed investire in una società con migliori prospettive.
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