L’azienda, per far fronte alle esigenze del mercato globale, si trova quest’anno nella condizione di dover aumentare il proprio organico nel reparto telai. Invece di alimentare il precariato, la dirigenza ha preferito cercare i nuovi operai tra il mare di disoccupati. Operai che nell’arco della loro carriera professionale hanno accumulato notevoli esperienze e che hanno ancora voglia di mettersi in gioco, avendo davanti una prospettiva di ancora dieci, quindici o vent’anni di attività.
Mario Porcelli, ha spiegato la logica che sta dietro a questa scelta: "ci sono diversi operai con un elevato livello di specializzazione che sono rimasti senza lavoro perchè molte aziende del settore tessile hanno dovuto chiudere i battenti. Nell’esigenza di dover assumere abbiamo deciso di puntare su personale non più giovane, infatti questi lavoratori hanno tempi di inserimento molto più brevi di un giovane. Parliamo di qualche settimana per un operaio formato contro anche due o tre anni di uno alla prima esperienza.
La Saati Spa dimostra anche solidità. In un tempo in cui le aziende manifatturiere scelgono di delocalizzare o, in maniera ancor più drastica, di chiudere i battenti, questa va in controtendenza. Infatti è una delle poche industrie tessili (uno dei settori che per primi sono stati colpiti dalla concorrenza asiatica) che riesca a macinare fatturati in grado di sostenere tre stabilimenti in Italia (tutti tra il comasco e l’alto milanese) con circa 300 dipendenti nel proprio organico (mentre sono 800 quelli assunti a livello mondiale).
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