Il 20 gennaio entrerà in vigore l'articolo 1 della legge 218/2011, che modifica l'articolo 645 del Codice di procedura civile sui termini per l'opposizione a decreti ingiuntivi. La norma è indispensabile per disciplinare gli effetti di una decisione (19246/2010) delle Sezioni unite civili della Cassazione, la quale contraeva alcune scadenze nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo.
Se un'impresa vanta un credito nei confronti di altra impresa o di un privato, può rivolgersi al Tribunale per ottenere un decreto ingiuntivo. Se il credito deriva da una prova certa, il decreto può essere immediatamente esecutivo e generare un pignoramento, fortemente lesivo per il debitore. Quest'ultimo, quando riceve il decreto ingiuntivo, deve decidere immediatamente la linea di difesa, se cioè pagare, oppure opporsi al decreto (ad esempio, perché il prodotto acquistato e non pagato era viziato).
Per opporsi occorre iniziare una lite, il cui primo segmento (il termine per comparire in giudizio) è calendarizzato dal debitore, con l'unico limite di non poter scendere al di sotto di 45 giorni tra la data di notifica dell'opposizione a decreto ingiuntivo e la data della prima udienza dinanzi al giudice. Il termine di 45 giorni è pari alla metà dell'usuale termine (90 giorni) che l'attore sceglie nelle altre liti civili: il procedimento che inizia con decreto ingiuntivo beneficia infatti di un'accelerazione iniziale, coerente alle esigenze degli scambi commerciali. In particolare, l'accelerazione era desunta dal testo dell'articolo 645 del C.p.c., che, prima dell'attuale modifica, prevedeva che «i termini di comparizione sono ridotti alla metà». Fino al settembre 2009 (data della sentenza 19246 della Cassazione), si riteneva che i termini fossero "ridotti alla metà" solo nel caso in cui il debitore che facesse opposizione (denominato "opponente"), avesse scelto di fissare la prima udienza fruendo appunto dei termini abbreviati (cioè con un intervallo di 45 giorni tra la notifica della citazione e la prima udienza, invece degli usuali 90 giorni). Dal settembre 2010 in poi si è invece sostenuto che la scelta di accelerare il processo generasse una riduzione anche di altri termini della medesima procedura, in particolare contraendo da 10 a cinque giorni il termine che l'opponente (il debitore) ha per depositare gli atti in cancelleria del Tribunale (cosiddetta "iscrizione a ruolo"). Appunto sulla contrazione da 10 a 5 giorni si è generato un forte contrasto, con molte migliaia di ingiunzioni a rischio di improcedibilità per motivi formali, cioè non per reale esistenza del debito, ma solo per mancato rispetto del termine di cinque giorni per il deposito in giudizio di atti da parte del debitore opponente.
Il legislatore ha ora eliminato i dubbi, prevedendo che (articolo 1 legge 218/2011) «al secondo comma dell'articolo 645 del Codice di procedura civile, le parole: "ma i termini di comparizione sono ridotti a metà" sono soppresse». Restano quindi in piedi tutte le opposizioni a decreti ingiuntivi in cui il debitore (opponente) abbia iscritto a ruolo la lite entro 10 giorni dalla notifica dell'opposizione stessa.
Il legislatore ha anche affrontato il problema delle liti pendenti tra il settembre 2010 e il 20 gennaio 2012: l'articolo 2 della legge 218/2011 prevede infatti che la riduzione a 5 giorni del termine per l'iscrizione a ruolo dell'opposizione a decreto ingiuntivo si applichi solo se l'opponente stesso abbia citato in giudizio il creditore prevedendo un intervallo (tra notifica della citazione e udienza) inferiore a 90 giorni.
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