Il termine ultimo per usufruire della mini-sanatoria, il 2 aprile, è passato e l’Agenzia delle Entrate comincia a fare i conti. I titolari di partite IVA inattive che non hanno mai comunicato la cessazione della loro attività e non hanno usufruito della possibilità concessa di ottemperare alla loro “dimenticanza” entro il 2 aprile scorso, pagando una sanzione di 129 euro, sono ora all’attenzione degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria.
Il decreto semplificazione fiscale, il D.L. n. 16/12, all’articolo 8, comma 9 ha previsto la cancellazione d’ufficio delle partite IVA inattive, stabilendo il potere dell’Agenzia delle Entrate, sulla base degli elementi e dei dati contenuti nell’archivio anagrafico, di individuare quei titolari di partita IVA che non hanno presentato la dichiarazione di cessata attività, la cui omissione è punibile, ai sensi dell'art. 5, ultimo comma, del D.Lgs n. 471/97, con una sanzione variabile tra i 516 e i 2.065 euro.
Una volta individuati tali soggetti inadempienti, l’Agenzia stessa provvederà a comunicargli l’avvio della cessazione d'ufficio della loro partita IVA, ma prima instaurando un contraddittorio preventivo.
In base a questo contraddittorio, gli interessati possono fornire alla stessa Amministrazione finanziaria, nel tempo massimo di 30 giorni, degli elementi provanti la non commissione di alcuna violazione.
Dopo la chiusura d'ufficio del numero di partita IVA inattiva, la sanzione per l’omissione della dichiarazione di cessata attività sarà direttamente iscritta a ruolo, con tutta probabilità nell’importo minimo di 516 euro.
Se si moltiplicando la sanzione minima di 516 euro con il numero dei titolari IVA inattivi, circa 2 milioni, risultanti dai primi dati avuti con la chiusura del termine per usufruire della mini sanatoria, ne esce una cifra importante: 1 miliardo di euro e oltre.
Si ricorda però che c’è un’ultima possibilità per questi soggetti coinvolti nella procedura di chiusura d’ufficio della partita IVA: essi potranno evitare l’iscrizione a ruolo della sanzione, versando, in maniera del tutto spontanea, un importo corrispondente a un terzo del minimo, un terzo di 516 euro, quindi 172 euro. In un termine massimo però, ossia entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso da parte dell’Agenzia delle Entrate della chiusura d’ufficio. Moltiplicando i 172 euro per i 2 milioni di soggetti inoperosi, si arriva a circa 344 milioni di euro. Anche in questo caso una cifra di una certa consistenza.
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