Arriva finalmente la possibilità di un accordo tra il nostro Paese e la Svizzera al fine di tracciare i capitali convogliati illegalmente oltralpe. Il protocollo di collaborazione tra i due Paesi potrebbe essere stipulato entro la fine dell’anno e andare ad arginare una piaga, quella della fuga dei capitali, che ha fortemente inciso sul bilancio economico-finanziario italiano.
A dare l’annuncio di questa possibilità è stato il capo della segreteria di Stato della Svizzera, Oscar Knapp. Il parere del diplomatico elvetico è che il 21 dicembre possa essere la data definitiva stabilita per l’apposizione delle firme a un accordo che appare essere già realtà tangibile. Il protocollo non entrerà immediatamente in vigore. Affinché le disposizioni insite nell’accordo possano essere attuate, risulterà necessario che il Parlamento italiano e quello della Confederazione ratifichino la prima bozza bilaterale. Oscar Knapp si dichiara, tuttavia, abbastanza fiducioso che ciò possa avvenire in tempi non molto lunghi.
In sostanza il tema centrale dell’accordo sarà la tassazione dei capitali italiani esportati irregolarmente in Svizzera. Secondo i termini del protocollo, ferma restando la clausola dell’anonimato degli esportatori di capitali, il Fisco elvetico provvederà a tassare siffatti capitali imponendo un’aliquota di riferimento. Stabilire la percentuale di tale imposizione sarà compito proprio di un’intesa bilaterale tra l’Italia e la Svizzera. E' stato calcolato che i risparmi italiani presenti in Svizzera ammontino a circa 160 miliardi di euro.
Emergono degli ostacoli e delle difficoltà che necessitano d’esser risolti, prima di poter definire conclusa la vicenda. Infatti, se per quel che concerne l’aliquota corrispondente al prelievo sui rendimenti dei conti correnti s’è deciso di applicare la medesima percentuale vigente nel nostro Paese; in relazione all’aliquota da applicare a mo’ di sanatoria sul passato vi è ancora una seria incognita. In linea generale, è diffusa l’ipotesi che possa attestarsi a un livello inferiore al 40%.
Il nostro Paese non è il primo a sottoscrivere accordi di questo genere con la Svizzera. Patti fiscali di simile natura sono stati sottoscritti dalla Confederazione elvetica con la Germania, con l’Inghilterra e con l’Austria. Contestualmente il Paese d’oltralpe ha intavolato percorsi convogliati verso direzioni affini con la Grecia, gli Stati Uniti e con Paesi esterni all’asse dell’Unione europea.
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